Il dilemma della net neutrality
Garantire il libero accesso a internet per tutti, ma discutere nelle giuste sedi
La net neutrality è un tema con cui nessuno vuole avere a che fare: è tecnicamente complesso ed entrambe le parti in gioco fanno appello ai medesimi princìpi di concorrenza e libero mercato per far valere le proprie ragioni. La net neutrality, in breve, è quel principio per cui i fornitori di accesso a internet (come Telecom e Fastweb in Italia) sono costretti a lasciare che tutti i contenuti (i video di Netflix, le pagine internet del Foglio, le videochiamate su Skype) fluiscano allo stesso modo e alla stessa velocità sulla rete. Questo comporta costi per i fornitori, ma garantisce, secondo i difensori della net neutrality, che non ci siano disparità: una piccola startup ha lo stesso accesso a internet che ha Facebook.
Una proposta della commissione per le Comunicazioni in America (Fcc) vuole eliminare la net neutrality e consentire ai fornitori di rete di offrire internet più veloce a chi paga di più, o rallentare e perfino cancellare i contenuti di chi non paga o non va loro a genio. La ragione è: deregolamentare per consentire che i fornitori di rete possano fare più investimenti e migliorare le infrastrutture, ma i fornitori di contenuti (ergo: la Silicon Valley) controbattono che senza net neutrality internet non sarà più una strada libera alla quale tutti hanno accesso, ci saranno corsie preferenziali e ingorghi. La proposta americana non vale per l’Ue (che difende la net neutrality) ma se compagnie come Netflix e Facebook hanno problemi in America questo si ripercuote anche qui. A decidere su temi così importanti, a dicembre, saranno i cinque (cinque!) commissari della Fcc. Oltre-oceano già si pensa di trasformare la net neutrality in un tema politico e non solo amministrativo, da discutere al Congresso e in tutte le sedi. Sarebbe un buon modello, che aiuterebbe la discussione anche da noi.
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