I grillini ingoiano il rospo del copyright
La direttiva Ue sta per essere recepita dal governo, è una buona notizia
Pochi ricordano la battaglia feroce che si svolse in Europa – ma soprattutto in Italia – attorno alla direttiva europea sul copyright. Cominciò nel 2018 e finì soltanto nella primavera dell’anno scorso, con l’approvazione di Parlamento e Consiglio Ue. Fu una contesa di molti mesi, durissima, con autori, editori e discografici armati contro le piattaforme internet, e con le forze politiche schierate su posizioni opposte. Il M5s, in particolare, aveva giurato guerra eterna alla direttiva, con Luigi Di Maio che parlava di una “vergogna tutta europea” e di “uno scenario da Grande fratello di Orwell” perché, a suo dire, la direttiva avrebbe censurato la libera espressione online (spoiler: non è così). Ma poi il tempo passa e i governi cambiano, e oggi il Movimento è sceso a più miti consigli. L’Italia sta lavorando piuttosto spedita alla recezione della direttiva nella legislazione nazionale, e il relatore della legge che recepisce la norma (assieme ad altre 32 direttive Ue), il senatore del Pd Gianni Pittella, in un’intervista al Mattino ha detto che entro luglio la legge dovrebbe arrivare in Senato, e completare l’iter entro ottobre. Ha detto anche che c’è accordo nel governo, e questo significa: i Cinque stelle hanno mandato giù la direttiva sul copyright. Secondo quanto risulta al Foglio, una delle ragioni principali è tecnica. I due articoli più criticati dai grillini, l’articolo 11 sulla compensazione dei contenuti giornalistici e il 13 sul controllo dei contenuti da parte delle piattaforme (nel testo finale i numeri sono cambiati), in sede europea sono stati approvati in modo così dettagliato e stringente che sono praticamente blindati: a livello nazionale non c’è margine di discrezionalità per apportare modifiche, e i grillini hanno rinunciato. Questo significa che, se tutto va secondo i piani, il governo di cui il M5s è la prima forza politica sarà il secondo in tutta Europa a recepire la direttiva sul copyright, dopo la Francia. Niente male per un provvedimento che avrebbe dovuto gettarci in un incubo orwelliano.