Editoriali
Si fa presto a dire rete unica. I piani del governo davanti alla Commissione europea
Tim prepara un incontro con la vicepresidente Margrethe Vestager. Guai in vista e nodi da sciogliere per un'operazione mai vista in Europa
Tim incontrerà presto la vicepresidente della Commissione Ue, e commissaria per la concorrenza, Margrethe Vestager. Al centro del colloquio vi saranno il piano del governo sulla rete unica, illustrato dal ministro della Transizione digitale, Vittorio Colao, sul Foglio dell’11 giugno. La convinzione dell’esecutivo è che si debba superare sia la duplicazione degli investimenti nelle aree meglio servite sia la loro assenza in quelle sprovviste di banda larga. Le une sono ritenute non utili e anzi fonte di sprechi; per quanto riguarda le altre, evidentemente il giudizio sui bandi avviati nel 2016 è negativo.
L’idea è quella di costruire un’infrastruttura unica, mettendo assieme le porzioni di rete oggi in pancia a Tim e Open Fiber. Poiché, però, questo implica la realizzazione di un monopolio di fatto là dove oggi operano più soggetti, occorre sciogliere ogni relazione con le attività commerciali cioè, in soldoni, amputare la rete da Tim e fare una specie di grande Open Fiber.
L’operazione ha molti livelli di complessità. Il primo è finanziario e riguarda la valorizzazione della rete. Il secondo è di natura regolatoria: la società della rete che ne emergerebbe è un oggetto sconosciuto alla normativa europea. Infatti nessuno stato membro ha fatto, e neppure preso in considerazione, qualcosa di simile. L’intera disciplina è pensata per garantire la terzietà delle reti all’interno di soggetti verticalmente integrati, come Tim. Non dice nulla su come trattare un monopolio artificiale, nato su spinta del governo e controllato dall'azionista pubblico.
Finora la commissaria Ue è stata cauta sul tema, senza mai sbilanciarsi salvo escludere la fattibilità di ciò che nessuno vuole fare (la rete unica controllata da Tim). Adesso la partita entra nel vivo. Il governo dovrà convincere la Commissione della bontà del progetto, disegnando un percorso credibile e una regolazione ad hoc, e dovrà mostrare alle istituzioni europee e al mercato che questa rivoluzione serve a perseguire un obiettivo di interesse generale, e che non si tratta di una semplice girandola societaria.