Il servizio o è pubblico o è privato
Il Consiglio di amministrazione della Rai ha bocciato il piano per l’informazione del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto
Lunedì pomeriggio il Consiglio di amministrazione della Rai ha bocciato il piano per l’informazione del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e ha messo un punto definitivo all’esperienza di CDO in Rai. Le dimissioni di Campo Dall’Orto non sono ancora arrivate ma arriveranno a giorni, probabilmente prima della fine della settimana, e il nome che dovrebbe prendere il suo posto, salvo sorprese, ha un profilo più simile a quello di Paolo Del Brocco, ex direttore generale di Rai Cinema e oggi amministratore delegato della stessa società, che a quello di Giancarlo Leone, ex direttore di Rai1 non interessato alla carica di dg Rai (a meno di un’offerta di lungo periodo). Credere però che il futuro della Rai sarà legato a una figura oppure a un’altra è illusorio perché i due anni trascorsi da CDO in Rai ci dimostrano che il problema della Rai è uno ed è prima di tutto la Rai. Ci sarà tempo per capire quanta responsabilità ha la politica (ovvero Renzi) nel non aver dato a CDO tutta la fiducia che gli aveva promesso e quanta Responsabilità ha CDO nel non aver sfruttato fino in fondo la fiducia che la politica (ovvero Renzi) gli aveva concesso all’inizio del suo mandato.
Non ci vuole molto tempo per dire invece che i limiti mostrati da Renzi e da CDO in questa partita sono legati a un contesto in cui è la politica a non aver fatto nulla per chiarire il grande equivoco in cui vive la Rai e di cui anche CDO è rimasto ostaggio e vittima: che cos’è il servizio pubblico? E, detto in modo più esplicito, una tv pubblica come può occuparsi di contenuti ambiziosi e innovativi se il suo azionista di riferimento non definisce una volta per tutte se la Rai debba rispondere al mercato o al suo azionista? Nei suoi mesi al governo Renzi ha perso un’occasione per fare l’unica cosa di cui la Rai aveva bisogno e che il segretario del Pd aveva promesso di fare addirittura cinque anni fa alla Leopolda del 2012: privatizzare sette dei quindici canali della Rai; destinare il canone solo ai canali con valenza pubblica; tenere fuori i partiti dalla Rai utilizzando in toto il modello BBC. La riforma della Rai (più potere al dg) c’è stata ma è stata una riforma che non ha risolto l’equivoco industriale di fondo. I limiti di Renzi e CDO in questa partita andranno studiati con calma ma quello che si può dire è che i due avevano le caratteristiche per cambiare la Rai e invece oggi la Rai si ritrova nella stessa condizione in cui si è ritrovata l’Italia il 5 dicembre dopo il no al referendum costituzionale: l’occasione di cambiare qualcosa c’era, ma è stata solo un’occasione persa. E persa l’occasione è probabile che i direttori generali continueranno a cambiare ma che in Rai, purtroppo, continuerà a non cambiare nulla.
Politicamente corretto e panettone