I rutti del populismo televisivo
Gli insulti a Farinetti spiegano bene una deriva del talk italiano
Oscar Farinetti è stato aggredito durante un’intervista condotta da Bianca Berlinguer da una ricercatrice che è intervenuta accusando il patron di Eataly di ogni nefandezza. Farinetti l’ha querelata e ha fatto benissimo. Proprio mentre cercava di spiegare che il problema dell’Italia è che si impiega la maggior parte del tempo e dell’attenzione alla denuncia di quel che non va e alla demonizzazione dei responsabili più o meno reali, mentre lo spazio per discutere delle soluzioni è residuale, ha avuto una conferma immediata della sua tesi. L’Italia del rancore, che invece di discutere – o criticare – strilla nella convinzione che ha ragione chi grida di più, si è palesata. Che la conduttrice abbia almeno tollerato se non preordinato tutto questo non fa onore al suo stile solitamente algido e certo non rappresenta un esempio di quello che si vanta di essere un “servizio pubblico”. Che servizio si fornisce se si tollera che a un ragionamento, giusto o sbagliato che sia, non si contrapponga un altro ragionamento ma solo vocalizzi esacerbati? Non si tratta di demonizzare il dissenso o la protesta, nemmeno di ricordare le norme elementari della buona educazione. Si tratta di un rifiuto ormai generalizzato ad accettare un piano civile di discussione, che è poi il sostrato indispensabile di ogni convivenza democratica. Invece di convincere, si punta a impressionare, a mostrare indignazione mal recitata, allo scopo di screditare le persone senza mai entrare nel merito dei problemi esposti. Alzare il volume per non far capire quel che si dice e confondere le cose è un vezzo perdonabile in qualche tenore tradizionalista, non in un confronto che dovrebbe servire a far capire qualcosa di più.
Politicamente corretto e panettone