Involuzione Rai: "Torni a fare servizio pubblico", dice Pier Silvio. Scontro tra il dg Rossi e Augias
Berlusconi: "Viale Mazzini autolesionista: si comporta da tv commerciale. Giambruno? Ricostruzioni tragicomiche". Botta e risposta tra il direttore generale Giampaolo Rossi e Corrado Augias, che dopo sessantatré anni ha lasciato la Rai per La7
Mediaset cresce, la Rai arranca. Ma "non mi permetto di dare giudizi", dice diplomatico Pier Silvio Berlusconi, in un'intervista a Renato Franco sul Corriere della Sera. Eppure i numeri sono chiari. Nelle 24 ore Mediaset sul totale individui arriva al 38,3 per cento di share, mentre la Rai è al 35,3 per cento: significa più 0,5 punti per la rete privata e meno 1,7 per la tv di stato rispetto all’’anno scorso. Nella fascia 15-64, il target commerciale, il distacco balza a 11,5 punti: Mediaset al 41,1, Rai al 29,6. E poi ci sono le pedine che Cologno Monzese ha "scippato" a viale Mazzini, Bianca Berlinguer e Myrta Merlino. Oltre a quelle che la Rai si è persa da sola: Fabio Fazio, Massimo Gramellini, Lucia Annunziata e, appena annunciato, Corrado Augias.
"Abbiamo cambiato passo dal 2020 dopo l'emergenza Covid", dice il figlio del Cav., amministratore delegato e vicepresidente Mediaset. "E contemporaneamente la Rai si è un po' involuta, nel senso che si è dimenticata che prima di tutto 'la Rai è la Rai', il che significa istituzione e Servizio pubblico". "Appena c'è un leggero calo di ascolti, la sua risposta è aumentare il comportamento da tv commerciale", una "condotta autolesionista che alla lunga fa male a tutto il sistema televisivo".
"Una Rai ricca e potente (di idee e di prodotto) per noi è stata un grande concorrente, ma è servita a tenere alto il benchmark, perché la Rai è la guida del sistema editoriale italiano", spiega. Secondo Berlusconi, chi c'è oggi ai vertici dell'azienda pubblica "ha una grandissima opportunità, che mi pare voglia perseguire: tornare a portare la Rai a essere prima di tutto Servizio pubblico che non vuol dire fare una tv noiosa, di documentari in bianco e nero, ma avere un'identità che la distingue dalla tv commerciale". Da tempo tutti i prodotti più importanti e costosi si accendono quasi alle 10 di sera: "Noi ora abbiamo deciso di fermarci prima dando il buon esempio e facendo la prima mossa, pur rischiando qualche decimale di ascolto in prime time. In questo modo abbiamo offerto un servizio a tutto il pubblico e dato l'opportunità alla Rai di fare lo stesso". Qui ci potrebbe essere un punto di incontro: "Basterebbe guardarsi negli occhi e chiudere alla stessa ora. Io sono pronto da subito".
Pier Silvio non commenta il caso Giambruno: "Dico solo che sono molto dispiaciuto e che ho letto ricostruzioni tragicomiche" e un'ultima riflessione sulla questione canone: "I finanziamenti alla Rai sono importanti, l'Italia è il paese che dedica meno risorse al settore audiovisivo in tutta Europa. Ed è un errore, perché la tv non è solo un'industria che crea occupazione e indotto, ma è centrale per l'identità presente e futura del nostro paese".
Intanto si riaccende la polemica tra il direttore generale della Rai, Giampaolo Rossi, e Corrado Augias, il conduttore e autore tv che ha scelto di passare dal servizio pubblico a La7. "Se la Rai è sopravvissuta all'addio di Pippo Baudo, sopravviverà anche a quello di Augias", ha detto ieri Rossi, nel corso dell'audizione in commissione Cultura alla Camera. Le decisioni di lasciare la Rai, ha aggiunto Rossi, "sono state spesso dettate da legittime scelte personali e da ragioni economiche, quello che dispiace è che siano state accompagnate da polemiche e commenti ideologici che lasciano il tempo che trovano". E ancora: “Il nostro obiettivo non è salvaguardare lo stipendio di Augias, ma occuparci di 12 mila dipendenti”.
Augias si è detto "sorpreso, anzi deluso" delle parole del dg, "così improprie da suonare come smarrite, gravate per di più da un’ombra di volgarità". E ha risposto a Rossi dalle colonne di Repubblica. "Peccato", scrive Augiuas, "quando l’ho incontrato ho avuto l’impressione di un bel signore, molto curato nell’aspetto, il bell’ovale del volto esaltato da una corta barba impeccabile. Un bell’uomo capace nella conversazione di citare a giusto titolo un paio di libri e qualche toccante precedente familiare di cui ovviamente taccio. Forse era solo apparato, recita”. Sull’allusione al fatto che la sua scelta sia dettata solo da motivi economici, Augias replica: “Santo cielo, chi ha mai parlato di soldi in questa malinconica faccenda? [...] Tanto più se si mette a confronto lo stipendio di uno contro il benessere di 12 mila famiglie. Ci sono delle regole dialettiche che dovrebbero essere rispettate, la prima è di fronteggiarsi con argomenti che siano proporzionati. Uno contro 12 mila è decisamente troppo". Il confronto con Pippo Baudo poi, dice l'autore, "aveva il solo scopo di umiliarmi”. E conclude: "Un alto dirigente dovrebbe trovare il modo di polemizzare — anche in modo sbrigativo, intendiamoci — senza però lasciarsi andare all’ingiuria. Rispondere nel merito non è impossibile se si ha netta coscienza del proprio operato e delle proprie scelte culturali".
Politicamente corretto e panettone