Editoriali
Report, Baiardo e boiate. Su mafia e Berlusconi si riscrive la storia in maniera ridicola
L'ennesima "inchiesta" conferma la convinzione che a contare non sono i fatti ma le ricostruzioni fantasiose. Così, mentre si confezionano “leggende nere” che non hanno bisogno di prove, si finisce per inquinare il dibattito pubblico
Nel corso della trasmissione Report, è stato dato di nuovo spazio a Salvatore Baiardo. Il gelataio aveva rapporti con i fratelli Graviano, due importanti boss di Cosa nostra, e da tempo viene consultato per spiegare la nascita di Forza Italia. Baiardo sostiene che Silvio Berlusconi avesse stretti rapporti con i Graviano, che erano addirittura suoi finanziatori o soci in affari. Report ha mandato in onda uno spezzone d’inter vista in cui Baiardo sostiene che Berlusconi avrebbe deciso, insieme ai mafiosi, di fondare il partito a inizio 1992: “Le prime basi erano state fatte a febbraio-marzo del 1992, non come dicono a fine ‘93”, è la versione di Baiardo diffusa dalla televisione pubblica.
Oltre che priva di riscontri, e smentita da tutti i testimoni dell’epoca, l’affermazione appare del tutto incongrua dal punto di vista storico rispetto alla siruazione politica di allora. L’arresto di Mario Chiesa è del 17 febbraio 1992, ma l’impatto di Tangentopoli arriverà solo molto tempo dopo. Alle elezioni politiche del 5 e 6 aprile il pentapartito, pur con tutti i consueti contrasti interni, manteneva il ruolo centrale. I partiti tradizionali, seppure in crisi, erano solidi. D’altronde Berlusconi non scese in politica alle elezioni del 1992 ed è impossibile che si preparasse per le elezioni del 1997. Quale partito doveva fondare? E perché? Le vicende che portarono al crollo della Prima Repubblica, dai processi Tangentopoli alle stragi di mafia passando per il crollo della lira, erano di là da venire. È persino inutile mettere in fila le ragioni che rendono del tutto inattendibile la versione di Baiardo. Quello su cui forse varrebbe la pena di riflettere è la leggerezza, per usare un eufemismo, con cui si “riscrive” la storia politica dell’Italia, la convinzione che non contino i fatti, ma le ricostruzioni fantasiose fatte con telecamera nascosta. In questo modo si confezionano solo “leggende nere” che non hanno bisogno di prove o riscontri. Così non si scrive la storia, non si fanno le inchieste giudiziarie, non si fa il giornalismo d’inchiesta. Così si inquina solo il dibattito pubblico.
Politicamente corretto e panettone