Pedofilia consumista
L’immagine [di Fortuna] racchiude una storia lunga e difficile, può essere letta come un emblema della critica condizione infantile, ovunque e in ogni epoca. [...] Per alcune generazioni i figli hanno vissuto meglio dei genitori, l’ascensore sociale ha funzionato, è cresciuto il livello dell’istruzione, dell’alimentazione, il benessere. L’agguato è che di questo diffuso desiderio, della spinta che rappresentava, dei sacrifici che milioni di persone erano disposte ad affrontare perché si realizzasse, si è prontamente impadronita la pubblicità, motore dei nostri consumi, arbitra delle nostre scelte. Così l’infanzia si è nuovamente inabissata. Perché la pubblicità, e la moda che le è compagna, vogliono che tutti consumino, di più e il più in fretta possibile, vogliono consumatrici in erba, non importa di quale età o condizione, le bambine meglio dei bambini perché il modello femminile ha bisogno di più complementi, vuole trucchi, abiti, scarpette, accessori; vuole atteggiamenti e sorrisi, compresi quelli ammiccanti da esibire durante una sfilata di modelle decenni che sembrano uscite da un catalogo di Barbie, la bambolina d’età non a caso indefinita. Privati della loro essenza infantile i bambini rischiano di essere percepiti da una mente malata, o solo abietta, come merce, cose da usare a piacimento.
Corrado Augias. Fortuna e i bambini preda degli adulti, la Repubblica, 7 maggio 2016
Il Foglio sportivo - in corpore sano